Marianna Cappi, MYmovies, 27 dicembre

E’ il 13 dicembre 2011 a Firenze, al mercato di San Lorenzo, quando un uomo avvicina un gruppo di venditori ambulanti senegalesi e spara a freddo contro Sougou Mor e Mbengue Cheik, ferendoli gravemente nel corpo e nell’anima, dopo aver ucciso i loro connazionali Samb Modou e Diop Mor a Piazza Dalmazia. Due anni prima, Mohamed Ba, attore, griot e infaticabile mediatore culturale, veniva accoltellato nella sua Milano, tra l’indifferenza dei passanti.
Il documentario di Dagmawi Yimer dà voce ai tre sopravvissuti. Grazie alla generosità di racconto di Ba, alla fiducia ottenuta da Mor e Cheik e al montaggio esperto e lirico di Lizi Gelber, il film porta alla luce i nomi, i volti, le fatiche, le speranze e le paure dei migranti che la cronaca della strage di Firenze aveva relegato al ruolo non meglio identificato di “vittime”, preferendo puntare i riflettori sull’assassino, un italiano neonazista.
Non c’è alcun discorso indiretto, riportato, media(tizza)to, questa volta: sono i protagonisti a parlare, anche se ricordare fa male, anche se le ferite del corpo non sono ancora guarite del tutto e quelle dell’anima forse non lo saranno mai. Raccontano un presente di paura cronicizzata e di coraggio necessario, che le immagini di uno spettacolo di Mohamed Ba mettono in relazione con una storia troppo lunga e antica, che narra di secoli di schiavitù e di famiglie smembrate. Ma ci sono altre immagini, ancora più significative, che il regista propone con grande sensibilità fotografica: sono quelle dell’allestimento del mercato alla mattina, oggi come ieri; immagini dell’alba di un giorno qualsiasi, in cui ci si prepara al lavoro, ma non ci si può umanamente preparare all’agguato del Male, nella persona di un perfetto sconosciuto, armato di odio e di pistola.
La fotografia della quiete improvvisamente odora adesso di paura, eppure il mercato viene montato, nasce il giorno, scorre l’Arno sotto Ponte Vecchio, Cheik porta suo figlio al parco. È in questo parlare dell’oggi e insieme di una storia che si ripete, la brutta storia del razzismo, che il documentario di Dagmawi Yimer (migrante a sua volta, sbarcato a Lampedusa nel 2006) arriva al cuore e alla coscienza, senza indulgere in indignazioni o lamentele di alcun tipo. E nel suo saper far convivere, in un piccolo tempo e dentro un piccolo budget, una grande tristezza (“O mia patria sì bella e perduta, o membranza sì cara e fatal”, canta dolorosamente Veronica Marchi) e il suo principale antidoto: l’arte di raccontare, la sola arma in grado di attentare al silenzio e allo spettro dell’invisibilità.

Valutazione media 3,50/5 http://www.mymovies.it/film/2013/vapensiero/

Lascia un commento