Il progetto, i protagonisti
Il progetto è nato nel 2010, quando Dagmawi Yimer ha conosciuto Mohamed Ba durante uno dei tanti incontri per presentare i suoi lavori, parlare con i ragazzi delle scuole, in giro per l’Italia. “Mi aveva colpito l’energia di quest’uomo che parla, oltre la sua lingua madre, un francese e un italiano perfetto. Mi aveva raccontato la sua difficile vita di “clandestino” a Parigi, e poi la gioia del suo inserimento in Italia, a Milano, dove fa il mediatore culturale e la guida turistica, e infine il dramma dell’accoltellamento. La sua storia mi ha spinto ad approfondire il fenomeno delle aggressioni razziste in Italia, che in genere viene liquidato con due righe in cronaca e mai dal punto di vista delle vittime”. Nel novembre 2011 il soggetto vince il premio di produzione Gianandrea Mutti: l’unico premio in Italia per il cinema migrante.
Mohamed Ba è nato in Senegal una cinquantina di anni fa, dei quali 9 trascorsi in Francia e 14 in Italia, lavorando come educatore, mediatore culturale, attore, griot. Ha all’attivo un saggio in Francia e numerosi monologhi teatrali in Italia (Invisibili, Incazzato Bianco, Bi-sogni, Il canto dello spirito, Parole Fuori Luogo, La negritudine, Il riscatto). Nel 2013 ha pubblicato il suo primo romanzo, Il tempo dalla mia parte, San Paolo edizioni. Il 31 maggio del 2009 è stato accoltellato nel centro di Milano, alla fermata del tram. Chi era vicino a lui è scappato e Ba ha dovuto attendere quasi un’ora prima di essere soccorso. La polizia non ha mai aperto un’ inchiesta per trovare il suo aggressore, dicendo che si trattava della solita rissa fra immigrati.
Mor Sougou e Cheik Mbeng, immigrati anche loro dal Senegal, lavoravano nelle bancarelle del mercato di San Lorenzo. Il 13 dicembre 2011 un uomo spara loro addosso ferendoli gravemente, dopo aver ucciso due ambulanti a Piazza Dalmazia e ferito alla gola e alla spina dorsale l’amico Moustapha Dieng. L’Italia è sotto choc. I media nazionali ricostruiscono il profilo e le attività eversive dell’assassino nei minimi dettagli, ma non dicono nulla delle vittime. Chi sono, perché erano in Italia, chi mantenevano con i loro sacrifici. Anche da morti, o da persone gravemente ferite nel corpo e nello spirito, Sam Modou, Diop Mor, Mor Suogou, Mustapha Dieng e Cheik Mbeng continuano a rimanere invisibili. Di loro l’opinione pubblica sa poco o niente. Ignora ad esempio che Sam Modu, 40 anni, non aveva mai visto la figlia tredicenne nata in Senegal: lavorava in Italia per mantenerla ma, privo di regolari documenti, non era mai riuscito a tornare in patria per conoscerla. Diop Mor, 54 anni, aveva un regolare permesso di soggiorno e ha lasciato un figlio di 6 anni.
Prima di incontrare Dagmawi Yimer, nessuno dei ragazzi feriti a Firenze aveva mai voluto raccontarsi ai giornalisti. Due anni dopo i fatti, Mor Sogou e Cheik Mbeng, proseguono i programmi di riabilitazione e non hanno ancora ripreso il lavoro. Nel 2012 hanno ricevuto la nazionalità italiana, insieme a Moustapha Dieng che però ha perso l’uso delle gambe e dal 21 novembre 2013 è ospitato presso la Casa Domotica del capoluogo toscano, centro specializzato nell’assistenza per disabili gravi.
Nel frattempo, la petizione per concedere la cittadinanza a Mohamed Ba è stata ignorata.
Nel 2012 è nata l’Associazione dei familiari delle vittime di Piazza Dalmazia. Una parte dei proventi di Va’ Pensiero andranno a sostenere i feriti e l’associazione.
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