Annalisa Oboe, Padova, 10 gennaio 2014

Dopo aver visto Va’ Pensiero di Dagmawi Yimer, nessun italiano potrà più ascoltare l’aria verdiana senza richiamare le immagini intense, vere e generose di questo film, che racconta un’altra Italia rispetto a quella risorgimentale, diversa dal paese che si commuove guardando con nostalgia al passato, e pericolosamente contigua alla nazione immaginata dagli italiani che del canto degli ebrei prigionieri in Babilonia hanno indebitamente fatto il proprio inno. Va’ pensiero di Yimer ri-canta e contro-canta i patimenti degli israeliti, li trasforma con delicata intelligenza in una colonna sonora familiare e nuova al contempo, che mette in rapporto la diaspora ebraica e la tratta atlantica degli schiavi, la dispersione delle genti dell’Africa e le migrazioni contemporanee. L’imponente coro verdiano diventa nel film un’accorata voce di donna che accompagna le storie personali e i destini spesso sconosciuti e tragici di chi cerca casa e lavoro nel nostro paese, con uno spostamento di accento che raccorda sapientemente singolare e plurale, individuo e collettività. Va’ Pensiero si appropria dunque del coro antico, vi inserisce voci altre e più recenti, diventando un invito ad accogliere la diversità e la sofferenza come parte della storia di tutti. In questo modo Yimer riapre strategicamente gli archivi della cultura italiana e li riscrive raccontando con tono partecipato, ma con polso fermo, cosa significhi essere neri e stranieri nel nostro paese, vittime di un razzismo cieco quale quello che ha colpito gli immigrati africani a Firenze il 13 dicembre 2011.

Lascia un commento